La Storia di Grugliasco

Ultima modifica 27 ottobre 2022

Le Origini

Incerte sono ancor oggi le origini del toponimo "Grugliasco" (Gruglascum o anche Curliascum nel latino dei documenti più antichi), e dunque le origini dell'insediamento stesso. L'ipotesi più probabile è che esso derivi dal nome personale (Currelius o Correlius ) del colono romano cui, all'epoca della centuriazione dell'agro torinese, ossia della sua lottizzazione ed assegnazione ai veterani dell'esercito romano, venne forse assegnata parte di queste terre. Tale podere avrebbe preso il nome, come in tanti altri casi simili, dal suo proprietario: Fundus Curreliascus, con il suffisso "asco" dovuto all'influenza della lingua della popolazione locale, di stirpe ligure, preesistente alla colonizzazione romana.Da tale proprietà, dunque, si sarebbe sviluppato l'insediamento - un piccolo villaggio, oltre ai poderi - di Grugliasco. Altri invece sostengono che il toponimo faccia riferimento alle gru che forse un tempo sostavano qui durante le migrazioni stagionali. Sta di fatto, però, che la comunità di Grugliasco scelse come simbolo araldico per il proprio stemma, attestato per la prima volta nel 1613, proprio la gru.

Il ruolo degli enti ecclesiastici

Le prime attestazioni documentarie certe riguardanti Grugliasco non sono comunque anteriori alla metà circa dell'XI secolo (1047), quando l'imperatore Enrico III conferma al Capitolo canonicale del Duomo di S.Giovanni di Torino i diritti sui beni posseduti dai canonici sin dalla fondazione del Capitolo, avvenuta due secoli prima: fra tali beni e diritti figurano anche la curtis di Grugliasco, con la chiesa di S.Cassiano e la decima pagata al Capitolo dagli abitanti della villa (villaggio). Ciò significa che possiamo ancora retrodatare l'esistenza dell'azienda agricola dei canonici e del villaggio all'epoca dell'istituzione del Capitolo del Duomo, verso la metà del IX secolo.Il villaggio di Grugliasco, quindi, si era sviluppato nel tempo intorno al nucleo di proprietà dei canonici torinesi, nucleo corrispondente al cuore dell'attuale abitato, accanto alla chiesa di S.Cassiano: un piccolo villaggio rurale, popolato ancora nel Trecento dagli affittuari delle terre del Capitolo e dai proprietari di una rete di piccole e piccolissime proprietà fondiarie, che solo a partire dalla fine del XV secolo si sarebbero diffuse anche in un habitat sparso. Per tutto il Medioevo e ancora per parte dell'età moderna, comunque, preminente fu la presenza fondiaria di enti e soggetti ecclesiastici: oltre al Capitolo del Duomo, il vescovo e poi arcivescovo torinese; S.Solutore, S.Domenico e S.Massimo di Torino, l'abbazia di Rivalta, il monastero di S.Benigno ed altri.

Sotto la Giurisdizione di Torino

Presto inglobata nel territorio sottoposto alla giurisdizione diretta del comune di Torino, la comunità di Grugliasco si sarebbe in effetti sviluppata in un rapporto di stretta dipendenza, economica oltre che politico-istituzionale, dalla città. Avrebbe seguito le sorti di Torino per quanto concerne il limitato sviluppo di un'autonomia politica ed il precoce assoggettamento alla signoria sabauda, definitivamente sancito nel 1280 con il trattato di pace fra Tommaso III di Savoia e Guglielmo VII di Monferrato. Successivamente, Grugliasco sarebbe stata inclusa nel Principato (estintosi nel 1418) dei Savoia-Acaia, il territorio che faceva capo a Torino e che non era sottoposto al dominio diretto dei conti, poi duchi, di Savoia. Anche le forme di autogoverno della comunità si sarebbero sviluppate sotto il diretto controllo e condizionamento di Torino, per il tramite del suo vicario e del suo giudice. Altrettanto dipendente da Torino era anche l'economia grugliaschese, prevalentemente basata (ancora nell'Ottocento) sulla produzione agricola e l'allevamento: dipendente come sbocco dai mercati torinesi, e dipendente dal "monopolio" cittadino in materia di gabelle, mulini per la macinazione del grano, pedaggi. Nel 1619 il duca di Savoia Carlo Emanuele I avrebbe eretto il territorio di Grugliasco a contea e lo avrebbe infeudato alla città di Torino.

La Bealera Motore di Sviluppo Economico

Un ruolo centrale nello sviluppo economico della comunità ebbe comunque la creazione di un sistema di approvvigionamento idrico a scopo di irrigazione e di forza motrice: il territorio di Grugliasco non comprende infatti alcun corso d'acqua naturale, e d'altro canto le attività agricole predominanti vennero gradualmente affiancate e integrate dallo sviluppo della protoindustria tessile e poi dell'industrializzazione moderna. Fulcro di tale sistema sin dal XV secolo è stata la bealera di Grugliasco, derivata dalla Dora presso Alpignano; attraverso i territori di Rivoli e Collegno essa raggiunge l'abitato di Grugliasco all'interno del quale si divide in due bracci, uno diretto verso sud e l'altro verso est.

Dall'Agricoltura all'Industria

Una svolta importante nella storia della comunità rappresentò la patente del 13 febbraio 1416, con cui la comunità ottenne dal principe Ludovico di Savoia-Acaia la concessione per l'apertura del canale, nonché i diritti per la costruzione lungo il suo corso di mulini ed opifici idraulici (gualcherie, battitoi) dietro pagamento di un canone annuo. Tuttavia, i Grugliaschesi avrebbero dovuto ancora attendere un ventennio circa dopo tale concessione per poter costruire e gestire in proprio mulini da grano e non essere più costretti a ricorrere a quelli torinesi.

La Fortificazione del Borgo

La patente del 1416 faceva anche riferimento all'obbligo della comunità di provvedere alla costruzione di fortificazioni a difesa del borgo, e cioè del nucleo più antico dell'abitato: per finanziare l'opera già in precedenza a Grugliasco era stato concesso il diritto di riscuotere in proprio la gabella del grano e del vino. I Grugliaschesi comunque eseguirono quanto richesto solo sul finire degli anni venti del XV secolo. In che cosa consistevano tali fortificazioni? Il catasto del 1464 parla di un receptum , cioè un ricetto: una cinta muraria circondata all'esterno da un fossato, cinta che saldava, congiungendole, le mura stesse esterne delle case del borgo. Al ricetto si accedeva da una porta fortificata: il "Torrazzo" di cui parlano ancora i documenti della seconda metà del Cinquecento, anche se all'epoca la porta era ormai in disuso essendo già da tempo stata abbattuta la cinta muraria di difesa. Il fossato esterno, o parte dello stesso, sarebbe sopravvissuto ben più a lungo: intorno alla metà dell'Ottocento il Comune avrebbe venduto a lotti gli antichi fossi, in cui si coltivavano i gelsi per la bachicoltura.

Le tracce della Grugliasco medievale

Pochissime sono ormai le tracce sopravvissute del Medioevo a Grugliasco: la Torre civica quattrocentesca, probabilmente eretta con funzioni di avvistamento in concomitanza alle fortificazioni; l'affresco della Madonna col Bambino in trono affiorato dalla facciata della chiesa parrocchiale di S.Cassiano; la cappella di S.Vito, anche se fortemente rimaneggiata. Il tracciato della bealera di Grugliasco, con la sua biforcazione all'interno dell'abitato nei cosiddetti "corno superiore" e "corno inferiore", ha rappresentato invece un elemento di lunga stabilità, determinando lo sviluppo stesso del tessuto urbano e la configurazione a "concentrico" del nucleo più antico, tuttora chiaramente leggibile. Interventi di copertura della bealera, con espansione dell'abitato e della rete stradale, si sono difatti verificati solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. La bealera alimentava il movimento dei diversi opifici comunali (mulini, torchio da olio, sega da legno, battitore della canapa) ai quali, con lo sviluppo della protoindustria della seta a partire dalla fine del Seicento, si aggiungono numerosi opifici privati (filatoi e filande). Solo con lo sviluppo dell'industrializzazione della seconda metà dell'Ottocento gli impianti produttivi si diffondono anche lungo il tratto superiore della bealera (territorio di Collegno e area nord-occidentale del territorio di Grugliasco). Inoltre, la bealera veniva sfruttata anche per usi domestici (accanto ai pozzi comunali e privati), per abbeverare gli animali e per irrigare gli orti e giardini nel centro abitato, i beni rurali (soprattutto prati) nel territorio circostante.

La peste e la riorganizzazione agraria

Anche Grugliasco sarebbe stata investita dalle crisi epidemiche di peste che si sarebbero succedute in particolare tra la fine del XVI secolo ed il primo trentennio del XVII secolo. Ne rimane memoria nella cappella di S.Rocco, ricostruita quasi interamente nel 1599 come voto della Comunità per la fine di una delle tante ondate di peste a seguito dell'intercessione del Santo. La peste ebbe anche l'effetto di liberare, per la morte dei proprietari, molte terre: piccole e medie proprietà che dunque vengono di nuovo immesse sul mercato. Tale fenomeno avrebbe contribuito a favorire un'altra svolta importante nella storia del territorio: la riorganizzazione agraria che coinvolse la parte orientale del territorio comunale già a partire dalla fine del Seicento, ma soprattutto tra Settecento ed Ottocento, e cioè la progressiva riduzione della piccola e media proprietà di fronte all'inquadramento delle terre coltivate a grano, segale, miglio, granoturco, e dei prati entro poche grandi proprietà che facevano capo all'insediamento disperso delle cascine.

I nuovi proprietari, le ville e le cappelle sei-settecentesche

Nasce così la rete delle ville e case padronali seicentesche e settecentesche, con i loro giardini e cappelle private, e le annesse cascine, che ancor oggi costellano in direzione di Torino strada Antica di Grugliasco (Il Quaglia, L'Astrua, L'Armano), strada del Gerbido (Il Palazzo, Il Villanis), strada del Portone (Il Maggiordomo, Il Ducco, La Mandina). Chi erano i nuovi proprietari, a cui si deve la costruzione a Grugliasco di ville spesso di gran pregio? Ancora una volta, si tratta di famiglie torinesi esponenti di una nobiltà legata soprattutto alla corte dei principi di Savoia-Carignano o, successivamente, di una più recente nobiltà di funzionariato, o dell'alta borghesia: i San Martino di Agliè, gli Armano di Gros, i Dellala di Beinasco. A pochi chilometri da Torino e dalla sede della Corte sabauda, queste ville rappresentavano le residenze di villeggiatura, e le annesse cascine e terre una fonte di approvvigionamento diretto, per queste famiglie.

Il sistema viario immutato per secoli

La riorganizzazione del paesaggio rurale esterno all'abitato determinò certo dei mutamenti nel sistema viario, infittendolo. Eppure, tale sistema viario è rimasto sostanzialmente inalterato per secoli: una raggiera di strade che partivano dall'abitato, collegandolo sia al circostante tessuto rurale, sia a Torino ed i vicini centri minori (Collegno, Alpignano, Rivoli, Rivalta, Beinasco, Moncalieri). L'apertura della strada reale Torino-Rivoli nel 1712 non avrebbe in effetti toccato direttamente il territorio di Grugliasco, ed anche gli interventi di fine Ottocento avrebbero rappresentato più che altro un miglioramento di percorsi già esistenti, senza peraltro alterare lo schema plurisecolare, ancor oggi percepibile.

La manifattura della seta: nascita, espansione e decadenza dei filatoi

Parallelamente ai cambiamenti intervenuti nell'assetto della proprietà agraria e nello stesso paesaggio rurale, avrebbe iniziato la sua curva ascendente a partire dal Settecento un'altra attività importante nello sviluppo economico locale, che si sarebbe affiancata a quella agricola: la manifattura serica, che in Grugliasco si era sviluppata (già a partire dalla fine del Seicento) grazie alla sfruttabilità del corso della bealera come fonte di energia motrice, alle eccedenze di manodopera agricola soprattutto femminile, alla coltivazione del gelso. Installati entro l'abitato, e concentrati lungo il ramo superiore della bealera tra l'attuale via Cotta (l'antica Via dei Filatoi) e la strada del Gerbido, i tre filatoi censiti nel 1787 quindici anni dopo sono già diventati 5, a 10 ruote e con 2 filande, ed impiegano circa 500 lavoratori in buona parte stagionali. Tuttavia, come nel caso delle aziende rurali più grandi, delle ville e cascine sparse nel territorio, anche la manifattura serica vede un apporto locale assai limitato a fronte della forte dipendenza da Torino: filande e filatoi sono difatti nelle mani, e nascono grazie ai capitali, di banchieri torinesi quali i Gianolio, i Cotta, i Barbaroux e Tron. La manifattura serica grugliaschese sarebbe entrata in crisi, senza più riprendersi, a partire dall'ultimo ventennio dell'Ottocento, a causa di un'ondata di malattie del gelso e della guerra doganale con la Francia: a fronte dei 4 filatoi e delle 3 filande censiti nel 1859, che occupavano circa un terzo della popolazione, agli inizi del Novecento sopravvive solo una filanda.

Il Novecento: la crisi agraria e la nuova industrializzazione

Al collasso di un'attività così importante si aggiungeva la grave crisi agraria di fine secolo, che avrebbe segnato una battuta d'arresto per un'agricoltura che incominciava faticosamente a modernizzarsi. In questi stessi anni, tuttavia, si ponevano le basi di un nuovo modello di industrializzazione, proposto sin dai primi del Novecento dalla FIAT. Già a partire dalla fine del 1800, a controbilanciare almeno in parte gli effetti della crisi, nel territorio di Grugliasco compare un nuovo genere di insediamenti produttivi, diversamente localizzati non essendovi più il vincolo della vicinanza ai corsi d'acqua. I nuovi impianti sorgono quasi tutti nella zona nord-ovest del territorio comunale, verso Rivoli e Collegno, in prossimità dell'abitato o appena entro i suoi limiti. Compaiono così nel 1871 una fabbrica di lime, sulla strada vicinale tra la cappella di S.Giacomo e la regione di S.Maria; nel 1880 uno jutificio presso la borgata Leumann; nel 1903 la Manifattura Piemontese Spazzole; nel 1908 la Società Italiana per l'Amianto. Si tratta ormai di vere e proprie fabbriche, anche se di dimensioni medie, e la loro diversificazione settoriale fra tessile, meccanica e chimica è caratteristica di questo periodo e dell'area torinese. Proprio l'area di Grugliasco e Collegno costituisce nel primo decennio del Novecento uno dei 5 poli piemontesi (con Pinerolo, Ivrea, Alessandria e Novara) della seconda fase di industrializzazione. Le nuove fabbriche, prima fra tutte lo Jutificio, assorbono la manodopera espulsa dalla manifattura della seta. L'abitato comincia ad espandersi proprio nell'area nord-ovest di insediamento delle fabbriche, come pure nella zona del Gerbido. La popolazione ricomincia a crescere, raggiungendo nel 1911 le 3400 unità circa. Si entra così in una fase di grandi trasformazioni, indotte dal coinvolgimento di Grugliasco e di tutta la cintura industriale nel processo di espansione edilizia e produttiva (grande industria automobilistica) dell'agglomerato torinese.

L'insediamento delle grandi fabbriche e l'espansione dell'abitato

L'incremento dell'attività edilizia determina, soprattutto nel corso degli anni '20 del Novecento, l'espansione di nuclei abitativi esterni al cosiddetto "concentrico": nell'area ad ovest e nord-ovest, lungo la strada verso Collegno; a nord-est ed ai confini orientali con Torino nascono due nuove borgate, rispettivamente intorno alle cascine Paradiso ed alla cascina Lesina o Lesna. La vera grande trasformazione economica e territoriale di Grugliasco prenderà però avvio nel secondo dopoguerra, a ricostruzione avvenuta. Verso la fine degli anni '50, in concomitanza al decollo del "miracolo economico", iniziano a localizzarsi a Grugliasco le grandi imprese del settore metalmeccanico e dei mezzi di trasporto: Pininfarina, Bertone, Vignale, Westinghouse, Itca, Cimat, Johannes e molte altre. Tra la metà degli anni '50 e l'inizio degli anni '70 l'intera area ovest registra con Beinasco e Nichelino il più elevato grado di crescita, come numero di stabilimenti e di addetti, di tutta la cintura torinese.

La grande immigrazione e l'esplosione demografica

A registrare una fortissima crescita è anche la popolazione, che dal dopoguerra agli inizi degli anni '70 si sestuplica quasi esclusivamente per effetto dei flussi di immigrazione. In parallelo, a partire dalla metà degli anni '50 la ripresa dell'attività edilizia assume ritmi frenetici: intere aree ospitano nuovi impianti industriali, i nuclei residenziali crescono "aggredendo" quasi il territorio, molte delle antiche ville e cascine cadono in stato di abbandono, ed ampi tratti delle bealere vengono coperti. Eppure, anche questi nuovi ed impetuosi sviluppi non giungono a cancellare completamente il tessuto territoriale preesistente. Il vecchio concentrico riesce a mantenere nel complesso traccia della sua fisionomia originaria; le integrazioni alla rete viaria, pur se ampie, non cancellano del tutto le antiche strade, ma in parte vi si sovrappongono; le aree comprese tra la borgata Lesna e gli ampliamenti ad est dell'abitato sono ancora caratterizzate da un paesaggio semi-rurale, in cui campi e prati formano una singolare parentesi fra i tessuti urbani.

Il Recupero del Territorio ed il Futuro legato all'Università

Oggi Grugliasco è divenuta una cittadina di medie dimensioni, a vocazione prevalentemente industriale e commerciale, che vanta un buono sviluppo anche nel settore terziario. Sono presenti industrie ad altissima tecnologia e di rilevanza internazionale, soprattutto nel campo metalmeccanico. Da tempo è stata inoltre avviata una politica di gestione del territorio volta alla sostenibilità ambientale e sociale, che punti ad uno sviluppo compatibile con le necessità del presente, ma che nello stesso tempo non comprometta i sistemi naturale, edificato e sociale, per consentire alle generazioni future una migliore qualità della vita. Il primo impulso è stato impresso dal trasferimento in Grugliasco delle facoltà di Agraria (1999) e di Veterinaria (2000) dell'Università di Torino, frequentate da circa tremila studenti. Il futuro vedrà Grugliasco impegnata nel campo culturale ed in quello delle scienze: sono previsti difatti l'insediamento dell'intero polo universitario scientifico torinese (ad eccezione della Facoltà di Medicina) e la realizzazione di un vasto parco urbano che arricchirà varie aree all'interno della città.


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